Akira - Katsuhiro Ohtomo

Akira - Katsuhiro Ohtomo - 1988 - 124'

Qualche anno fa per le mani mi era passato anche il fumetto dal quale il film è tratto, e inizialmente mi aveva anche appassionato; poi sono stato preso da altre cose e l'ho lasciato a metà, senza particolari rimpianti. La curiosità per questa opera mastodontica, ambiziosissima, però mi è rimasta. E almeno il film l'ho recuperato. Rispetto al manga, il film è più sfilacciato, molte sottotrame sono assenti, i personaggi sono meno accurati, e in definitiva il film non è quel capolavoro che gli appassionati del genere propagandano senza interruzioni e senza dubbi da vent'anni. Tuttavia il film è importante almeno per due ordini di motivi; è un compendio delle ossessioni moderne del Giappone post bellico, che si ritrova potenza economica con ancora svariati traumi da risolvere. In secondo luogo è il film che ha sdoganato in tutto l'occidente gli anime come livello artisticamente superiore ai "cartoni animati giapponesi", già abbondantemente presenti nei palinsesti mondiali e nel 1988 già entrati a far parte della cultura pop collettiva.


Il film inizia e finisce con due esplosioni "nucleari", in questo caso provocate non dalle bombe americane ma da ordigni umani. Othomo vuole suggerire che il problema è il controllo del potere, ovvero il suo essere incontrollabile ontologicamente. Tutto il film è costantemente disseminato di interpretazioni forzate, molto lontano in questo dalle tendenze cinematografiche occidentali. Akira lascia spazio allo spettatore in merito ad alcune questioni, ma sulla visione del Giappone e sui temi fondamentali l'unica interpretazione possibile è quella dell'autore. L'autore, Othomo, è un conservatore giapponese, molto vicino agli ideali di un certo tipo di destra, a mio parere molto simile alla concezione della vita, del potere e dell'arte di Tolkien. Tolkien è l'unico equivalente occidentale che vedendo il film mi è apparso alla memoria; per il resto il film e il modo di affrontarne i temi mi sembrano profondamente giapponesi. L'amicizia, sincera e profonda, tra Tetsuo e Kaneda, non gli impedisce di provare ad uccidersi lungo tutto il film, soprattutto per un realmente ferito senso dell'onore che attraversa l'animo di entrambi. E Kaneda, che dovrebbe essere, e in fondo è, il personaggio più occidentale del film in realtà si comporta in modi incomprensibili per un ragazzo inglese, tedesco o americano. La trovata di Ohtomo sta nel fargli usare gli stessi oggetti, nel mettere in scena, già dalle prime immagini, il mercato globale che ha invaso il Giappone, nel mostrare una società che ai suoi occhi è già morta e può solo sperare di risorgere dalle esplosioni. 


La trovata sta nel mischiare riferimenti esclusivamente giapponesi; la bomba, una descrizione della resistenza al potere governativo e militare frutto di una visione davvero conservatrice e reazionaria (e in Giappone i comunisti hanno praticamente smesso di esistere anche nella cultura popolare), la deformazione dei corpi (tipica mi si dirà della fantascienza anche occidentale, ma mai come in questo caso legata alla mutazione radioattiva), con elementi della storia culturale e della fantascienza occidentale, e americana in particolare: 2001 Odissea nello spazio, Blade Runner, I guerrieri della notte, un certo immaginario da Halloween, senza contare tutta la letteratura di genere, e poi la visione della città metropolitana e la potenza dell'architettura moderna, già in Metropolis. Se a tutto questo si aggiunge che alcuni modelli culturali, anche in culture in origine così distanti, sono comuni, si capisce come Akira sia stato il film ariete dell'animazione giapponese in occidente. La guerra tra bande rivali per esempio, con lo scontro in moto che richiama moltissimo James Dean (e non a caso il titolo originale di Gioventù Bruciata è Rebel without a cause), richiama valori e desideri forse con origini diverse, ma comuni nel 1988 agli spettatori di tutto il mondo. Le due bande rivali combattono una guerra senza possibili vincitori, che ha senso solo in sé stessa, riproduzione in scala dello sconvolgimento finale del film. I guerrieri della notte hanno accumulato radiazioni e cultura giapponese. James Dean non ha nemmeno più famiglia, e la moto è il potere tout court.


Paradossalmente Ohtomo, nel descrivere l'unione delle culture ne condanna le intenzioni. Il disegnatore che più di tutti ha portato il Giappone in America vorrebbe cominciare da zero, non crede al potere politico, non crede alla resistenza comunista che descrive come dei terroristi corrotti, non crede alla scienza, che vede chiusa in sé stessa, alla ricerca di spiegazioni fuori dalla portata umana. Un sano colpo di stato è forse preferibile, ancorché inutile. Ma almeno i generali sono chiari nelle intenzioni e nei metodi. E il film diventa intollerabile, perde presa e si abbandona a un finale di religioso ottimismo, peraltro molto potente a essere onesti.
In conclusione; non si può parlare di un capolavoro, e se non si ha almeno un po' di interesse verso la cultura giapponese è praticamente una visione inutile. Detto questo è un film tecnicamente esagerato, debordante, che ha stabilito uno standard nell'animazione. Akira è costato più di qualsiasi altro film giapponese nella storia, ha portato il sonoro dell'animazione a livelli che è stato impossibile ignorare, dal punto di vista industriale ha creato un precedente di kolossal giapponese fondamentale nella storia del cinema, ha uno studio dei colori che non si era mai visto in un film d'animazione giapponese, ma probabilmente neanche in quello statunitense. Purtroppo è un film che risente dell'ideologia reazionaria di Ohtomo, disegnatore eccelso e grande narratore, ma troppo conservatore per innovare davvero i linguaggi del cinema e dell'animazione.


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