Cronaca familiare - Valerio Zurlini

Cronaca familiare - Valerio Zurlini - 1962 - 115'

Valerio Zurlini è tra i registi quasi completamente dimenticati del cinema italiano. Nonostante un certo successo e alcuni film molto belli, fuori dagli strani giri degli appassionati di cinema, nessuno sa chi sia, cosa abbia mai filmato, né quale sia il suo pensiero. Su Wikipedia - il link è sul nome - c'è una breve biografia; su Imdb come al solito si può trovare la filmografia completa. Zurlini è di quei registi molto legati alla letteratura italiana, scopertamente intellettuali, non particolarmente accattivanti nemmeno nelle apparizioni pubbliche. A Fuori Orario, nella serata in cui è stato trasmesso anche Cronaca familiare, è stato mandato in onda uno spezzone abbastanza consistente di un'intervista, di quelle che si facevano negli anni '60, in studio con il pubblico seduto a terra; l'intervista aveva dei tempi lentissimi, e nessuna concessione al pubblico. Si parlava del film, dei suoi rapporti con il romanzo, degli obiettivi del film; tutto con un lessico specialistico che richiedeva già qualche conoscenza di partenza e una discreta attenzione. Ci troviamo estremamente lontano dall'intervista media che la televisione italiana manda in onda negli ultimi anni.


Fuori Orario ha messo in piedi una nottata zurliniana, circa un mese fa, assolutamente straordinaria, con la perla di un documentario su Burri che mi è sembrato incredibile vedere. Un documentario ingenuo, costruitissimo, in cui Burri riesce però a raccontarsi bene, stranamente a suo agio in una dimensione aliena.
Questa breve parentesi solo per dire, ma non ce ne sarebbe bisogno, che Fuori Orario è una risorsa preziosa di questo paese, che sarebbe bello se di Fuori Orario si parlasse il lunedì in ufficio, all'università, invece che parlare delle stesse cose già dette una settimana fa.


Cronaca familiare è uno di quei film però di cui si trova tantissimo. Qui c'è addirittura un breve spezzone di una fase di lavorazione del film. E Zurlini non si è certo risparmiato le dichiarazioni: "Cronaca familiare avrebbe dovuto essere il mio primo film. Sono andato a trovare Pratolini per conoscerlo dopo aver letto Cronaca familiare, un libro che mi aveva colpito in modo incredibile. Così cominciò l'amicizia con Pratolini e nacque l'idea un po' folle - eravamo nel 1952 - di girare Cronaca familiare a colori. Se il film si fosse fatto all'epoca, saremmo stati su posizioni di totale avanguardia. Quando mi proposero di riprendere il progetto, diversi anni dopo, accettai perché è evidente che Cronaca familiare non era affatto invecchiato. [...] In Cronaca familiare ho volutamente abolito i movimenti di macchina, la composizione talvolta un po' elaborata delle mie inquadrature, ho ridotto al minimo i costumi, l'evocazione storica viene data da qualche simbolo, ho puntato tutto sulla "staticità", sui dialoghi, sulle battute molto lunghe di tono letterario, ho creduto in un film apparentemente senza storia."
Tutto vero, tranne che alcuni movimenti di macchina sono comunque concettualmente molto elaborati. I movimenti degli attori sono preparati e più che teatrali e la macchina da presa non li segue mai, ma li anticipa sempre. C'è costantemente un sentimento di fine, di irreparabilità, ricostruito eccezionalmente con le inquadrature, anche con i dialoghi, certamente, ma soprattutto con la fotografia, i movimenti, la costruzione dello spazio.


In un'altra dichiarazione, o forse nella stessa, ma si trovano spezzoni qui e là, Zurlini dice: "Sono stato assolutamente fedele al libro, ho anche aggiunto alcune cose che mancavano nel libro rendendo alcune pagine poco chiare (…) Mi sembrava che nel libro mancassero delle pagine e chiesi a Pratolini di scriverle. Pratolini riconobbe l’effettiva mancanza di queste pagine, spiegandomene il motivo, ed accettò di scrivere qualcosa per raccontare simbolicamente quella che poteva essere stata l’opposizione tra lui e suo fratello. Di fatto, esistono nel film due sequenze che nel libro non ci sono, ma sono comunque anch’esse di Pratolini".
Questa circostanza, molto rara - e anzi, io non ne conosco un'altra - per cui un regista riesce ad avere un rapporto così stretto con lo scrittore alla cui opera sta lavorando è straordinaria ed è emblematica della natura del cinema, che è tra le prime cose un lavoro di gruppo, un incontro se non di arti almeno di mestieri - che non tutto è arte, e non mi è mai piaciuta questa volontà borghese di elevarsi che appiattisce tutti i mestieri e tutti gli episodi realmente artistici -. Lavorare insieme per Pratolini e Zurlini a un progetto così difficile e così stimolante dev'essere stato divertentissimo.


Zurlini e Pratolini conoscono bene il Pci e si trovano a proprio agio evidentemente anche nell'analisi dei rapporti di classe. E nel 1962 i rapporti di classe erano un argomento fortemente concreto. Cronaca familiare è anche, in alcuni momenti soprattutto, un film sui rapporti di classe. Senza una visione storica diventa un film impossibile da comprendere appieno.
Rotunno, il direttore della fotografia, celeberrimo per una serie di altri film (e questo rende però bene l'idea dell'importanza di Zurlini nella cinematografia quantomeno italiana di quegli anni), in questo film si rifà apertamente a Rosai, su indicazioni precise di Zurlini che - ma io onestamente non conosco Rosai e ne sto scoprendo alcune cose proprio grazie al film - riproduce addirittura alcuni paesaggi. Rosai è un pittore fiorentino in gioventù vicino a Mussolini, e che però era amico di Pratolini e doveva essere riuscito a creare una certa aggregazione di talenti intorno a sè. Su Rosai e sul modo di riprendere Firenze in questo film Zurlini dichiara questo: "Non ho inventato niente, ho semplicemente messo la cinepresa per strada, facendo solo attenzione che non ci fosse il sole per evitare le ombre, perché mi piaceva che tutto fosse appiattito. Il segreto del film sta solo qui, nella ricerca dei posti e nell'attesa che non ci fosse il sole per cominciare a girare. Non credo che si possa accusare il film di essere troppo colto per il fatto che i colori fanno pensare a Rosai. Io ho conosciuto Pratolini e Rosai nello stesso momento. La Firenze di Pratolini, quella di Santa Croce, dei viottoli, io l'ho subito rifiutata, perché non mi piaceva visivamente, mentre invece ho subito adorato la Firenze di Rosai, quella di Piazza del Carmine, d'Oltrarno, una Firenze come si può immaginare che fosse nel Cinque-Seicento, staccata dalla modernità. Era logico quindi che io andassi verso il riferimento visivo che mi era più congeniale. La Firenze di Cronaca e completamente deserta, le strade sono vuote, non c'è mai una comparsa che passa. Come sono vuoti i paesaggi di Rosai. Ma non è che io ci abbia pensato. Infatti nel film di paesaggi rosaiani non ce n'è nemmeno uno. Però mi aveva sempre talmente colpito in Rosai il modo così commovente di vedere il paesaggio che io l'ho cercato d'istinto. E curiosamente quel paesaggio prescelto diventava un Rosai."
Non c'è da credere a una sola parola di questa ultima dichiarazione. Non ci vuole molto a capire che Zurlini i paesaggi di Rosai li ha cercati eccome, e deve averli trovati se tutti ne hanno riscontrato l'origine. Quello che più mi incuriosisce è il rapporto etico tra queste tre personalità, Pratolini, Zurlini e Rosai. E temo che resterà una domanda senza risposta.
Su Gli Spietati anche in questo caso c'è una recensione interessante.



Commenti

Post più popolari