Swimming pool - Francois Ozon

Swimming pool - Francois Ozon - 2003 - 102'

Un'inquadratura finale che è tra le più brutte mai viste da me in anni di appassionata visione rovina il ricordo del film visto ormai diversi giorni fa. Perché il film non è un capolavoro, ma non è nemmeno così superficiale come vorrebbe sembrare. Dietro il solito esercizio di stile - ché Ozon anche questa volta costruisce una gabbia -, c'è un film godibile, che si permette addirittura un paio di riflessioni non così banali.


In una struttura narrativa classica e apparentemente bloccata, Ozon sposta però i tempi delle strutture del racconto: il thriller arriva in ritardo per essere davvero un thriller, i personaggi entrano in confidenza presto e non è più un film sullo scontro tra due personalità, potrebbe essere Lolita ma questa scia viene fortunatamente abbandonata dopo poco. Non siamo neppure di fronte a un film alla Chabrol, che pure viene ampiamente evocato, perché se è vero che la descrizione della provincia francese è presente, gli obiettivi sono altri, e quando verso la fine fa capolino una nana lynchiana non si possono avere più dubbi; Ozon costruisce un film serio come uno scherzo anche questa volta. Non siamo di fronte a un autore da movimenti di macchina complessi, o dalle vocazioni postmoderne che in questo momento sono quelle che più colpiscono il pubblico e le giurie dei festival. Ozon è un regista francese classico, gli piace giocare intorno alle strutture del racconto francese tradizionale e tra le pieghe delle regole del cinema narrativo più consolidato.
La riflessione del film è tutta intorno alla difficoltà della scrittura e sopratutto alla difficoltà della pagina bianca; lì ha il suo interesse e il suo centro fin dall'inizio. Ozon è abilissimo a mostrarlo e a nasconderlo subito dopo, facendoci vedere altri possibili film che non esistono, non possono esistere, o sono già esistiti. Senza scomodare Otto e mezzo - non è il caso -, è evidente però che ci si trova di fronte alla stessa domanda: di cosa parlo? Quale film mi interessa? E come si scrive in questo momento un film? Che una delle due protagoniste debba invece scrivere un best-seller o un romanzo più personale, non ha nessuna importanza. La domanda è cinematografica quanto meno nella misura in cui stiamo guardando un film.


C'è molto sesso, o meglio, c'è praticamente lungo tutte le due ore quasi del film un'atmosfera di esplosione sessuale che Ozon è molto bravo a non far diventare mai eccessivamente morbosa, nonostante i rischi presi siano veramente molto grossi. Ci riesce perché il sesso è il motore delle azioni delle protagoniste ma sempre come strumento o come pensiero per creare benessere. Paradossalmente il sesso così continuamente esposto è solo psicologico, quasi mai fisico, nemmeno nelle scene in cui Ludivine Sagnier fa l'amore con gli uomini di una notte. E uno dei colpi di genio di Ozon è di far fare l'amore alla Sagnier con uomini sinceramente orribili. Il rischio Lolita, l'ho già detto, era seriamente in agguato. Averlo scongiurato è sintomo di grande padronanza di scrittura. La Sagnier, con un carisma migliorabile, e Charlotte Rampling, meravigliosa, credibile in ogni secondo, danno una grossa mano. 


Prima di perdermi, come quasi sempre, in varie divagazioni, dicevo: il fulcro del film è il problema della scrittura, che è un problema che trascende dalla letteratura e che coinvolge evidentemente tutte le arti che di una scrittura hanno bisogno. Ozon è bravo a costruire un personaggio archetipico in grado di veicolare con una notevole dose d'ironia alcuni problemi degli scrittori altrimenti difficilmente sostenibili in un film. La Rampling è strepitosa. 
Inspiegabile arriva la scena finale, con questo saluto posticcio e rivelatore di una verità già emersa. Più ci penso più non trovo una soluzione a quello che sembra sempre più un enigma. Cosa ha pensato Ozon non dico per girare, ma per inserire al montaggio, una scena così? 



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