Modigliani - brevissime considerazioni sulla mostra di Genova



L’allestimento pop può lasciare in un primo momento una sensazione di straniamento ma è funzionale al pubblico che visita queste mostre e non è alternativo alla qualità tecnica dell’allestimento stesso, l’illuminazione è ottima, l’aria intorno alle opere fa respirare anche i visitatori. Le uniche perplessità vengono dai pannelli di testo: ha senso proporre già un’interpretazione critica, addirittura verbalizzata? Un allestimento ragionato come è questo dà già un’interpretazione critica, scriverla sui pannelli può far sentire i visitatori degli estranei e inibire l’analisi spontanea delle opere, che è invece un momento di enorme espressione creativa e di godimento. Se come visitatore mi si impone un’interpretazione, nella forma giocoforza stringata dei testi dei pannelli, tendo a sentirmi a disagio, relegato ad una funzione di osservatore, tenuto a distanza. Se escludiamo i pannelli dalla percezione, l’allestimento regala invece una sensazione di classicità mobile, arrivando a cogliere un obiettivo non sempre raggiunto da allestimenti anche più importanti.



Il senso di classicità, non eurocentrico ma umano, universale, è proprio quello che emerge con forza in tutta l’esposizione. Per una volta, ci si dimentica di Modigliani ubriacone, o meglio, si restituisce a questo tratto la sua dimensione, non così influente sulle opere di Modigliani. Esistono autori che con le droghe hanno avuto un rapporto effettivamente trasmesso alle loro opere, visibile, certo, talvolta dichiarato. Qui invece si sente la ricerca di un essere umano, uomo o donna, in rapporto con la classicità, con l’inconscio e la nascente psicanalisi, con la carica erotica, con la ricerca di una sintesi che restituisca l’essere umano. La ricerca sui colori segue questa stesso approccio e i colori sono espressione della natura inconscia dei soggetti ritratti. C’è evidentemente una questione tecnica e ce n’è una di tradizione pittorica e di studio delle tecniche di pittura e di scultura, ma sono le contaminazioni normali di un artista che vive il suo tempo e con esso si confronta, fino a trovare una sua dimensione, un suo spazio, che sia fruttuoso o meno. 
L’eleganza che viene attribuita a Modigliani e che sicuramente è un tratto riconoscibile, evidente, ha anche una funzione chiarificatrice: l’oggetto della ricerca è l’essere umano, la verità sull'esistenza di questo essere umano. Il riconoscimento che viene dalle forze dell’ordine – quando interviene la polizia a impedire qualcosa, quasi sempre quel qualcosa ha colto nel segno – è proprio in questa direzione: la polizia riconosce, appunto, la verità erotica dei quadri, la certifica e la porta in società. A vederli oggi, nonostante siano passati anni ricchissimi di esperienza dell’immagine per tutti, volontariamente o meno, quei quadri restituiscono ancora l’oggetto della ricerca di Modigliani, per capacità tecnica e per ostinazione.
I ritratti, forse perché la scultura ha lasciato anche nella pittura una pesantezza di pietra, forse per la ricerca assoluta e sintetica del classico, forse per l’aria che si respirava in quegli anni, sembrano tutti ritratti di persone morte e non per questo necessariamente infelici, ma ognuna con la sua storia da far vedere, da mostrare, da raccontare. Si usa spesso l’aggettivo etereo per descrivere questo tipo di figure, non solo di Modigliani, ma qui non c’è nulla di etereo, queste sono lapidi eterne, monumenti alla memoria, sintesi umane.



L’esposizione è molto piccola, una trentina di opere come ci dice il sito dedicato - http://www.modiglianigenova.it/ -. La cosa di per sé non è da considerarsi a tutti i costi negativa, tutt'altro: con meno sale da visitare e meno quadri da osservare, si tende a evitare quel fenomeno tipico dei grandi musei o delle grandi esposizioni, ovvero la visita muscolare, quantitativa, l’effetto crociera. 
Genova è una città di cultura, non da oggi, ma non ha le caratteristiche, né urbanistiche, né sociali, delle capitali mondiali. Non ha senso pensare che delle mostre mastodontiche qui potrebbero funzionare. Il modello per cui ai grandi eventi si preferisce la continuità e la presenza simultanea di più occasioni di approfondimento artistico, è quello che si adatta meglio a Genova, alle città come Genova e che in realtà dovrebbe coesistere anche nelle grandi metropoli, di fianco ai grandi eventi, che trovano la loro giustificazione artistica e commerciale nei grandi numeri e in un rapporto diverso tra l’arte e la realtà.
Il lavoro di Palazzo Ducale va proprio nella direzione della diffusione delle occasioni di incontro con l’arte, nel pieno centro della città, a disposizione di tutti, turisti e cittadini residenti. E se la mostra principale in cartellone è sempre a pagamento, ce n’è sempre un’altra gratuita, e di solito di qualità più che significativa. Tuttavia, se vogliamo dare a questa volontà politica la giusta realizzazione, la dose d’aria di cui necessita e perfino, perché no, la gratificazione sociale che merita, è importante quantomeno chiarirsi che l’ultimo passo è ancora da fare ed è quello di abbassare i prezzi dei biglietti. Se l’incontro con l’arte si vuole popolare i prezzi devono essere adeguati a questa volontà.
La mostra è aperta fino al 16 luglio e vale la pena visitarla. 

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