Joao, lo faccio per amore

 
Stavolta ero sicuro che avrebbe apprezzato. Forse non proprio sicuro, ma speravo potesse essere lusingato dall’idea di un premio a suo nome. Forse avrei dovuto parlargliene prima ma non avrebbe accettato. Non si rende conto del lavoro che bisogna fare per stare sul mercato. Se il nome di Joao Pedrito da Silva è già sui libri di fotografia di tutto il mondo è anche merito mio.
Negli Stati Uniti gli preferiscono la corrente metro-realista di quel mezzo scemo di Colin McCarthy, ma in tutta l’America latina e in Europa Joao Pedrito è il fotografo di questi anni e il movimento della fotografia nova è su tutte le riviste. Il mercato statunitense è saturo, il pubblico premia solo gli yankee, è difficile anche per gli europei. Prima o poi arriveremo anche lì. Però c’è da lavorare bene. Joao dovrebbe ascoltare il pubblico e battere il ferro finché è caldo. Invece non pensa che a fotografare come gli viene, senza un progetto serio e il resto del tempo lo passa a godersi la vita.
Due mesi fa gli ho procurato un’intervista sull’edizione domenicale de El Pais e in tutta risposta, invece di ringraziarmi, mi ha detto che andava al mare. Come se non lo sapessi che è andato da quella stronza di Mariele. È geloso di lei. Sì, è una bella donna, chi lo nega, ma non è certo l’unica. E comunque ho già abbastanza casini per andare dietro alle donne di Joao. A me interessava l’intervista, non Mariele. E guai a protestare! Guai a dire qualcosa che possa urtare la suscettibilità del Maestro!
Cosa cazzo siamo venuti a vivere a fare a Madrid se poi non ti presenti alle interviste, Joao? Che figura di merda mi fai fare? così gli ho detto. E cosa mi ha risposto, quel cazzone? Ne ho data una il mese scorso, non ho novità da rivelare. Sei scemo o mi prendi per il culo, Joao? gli ho chiesto. E lui, senza nemmeno un minimo di imbarazzo, io non pretendo le sue scuse, ma almeno un atteggiamento contrito, che so, qualcosa di diverso dalla solita faccia indisponente, quello stronzo mi dice, Antonio, ti pago per fare il mio manager, non per rompermi i coglioni. Io vado al mare. Dalla tu l’intervista. Parla pure a nome mio. Poi la leggerò.
Io sono un pacifista ma Joao mette a dura prova le mie convinzioni.
L’intervista per El Pais è andata molto meglio di quelle che fa lui, la mie risposte forse non sono profonde come le sue ma almeno il pubblico le capisce. Ho rinsaldato i rapporti con il giornalista. In un primo momento era maldisposto a mentire, voleva intervistare Joao Pedrito da Silva, non Antonio Emanuel Lima, ma poi gli ho offerto un caffè, l’ho intortato con una serie di aneddoti inventati lì per lì, gli ho fatto apprezzare la comodità della situazione, stavolta avrebbe potuto cambiare ogni risposta che voleva per farla aderire alle sue domande e nessuno avrebbe avuto niente da ridire, anzi, io mi consideravo suo debitore. L’Europa non è diversa dal Sud America. Più tardi ho preso un altro caffè in redazione, scherzato con tutti, quella notte non avevo neppure dormito perché faceva un caldo boia. Io il mio lavoro lo faccio, miseria ladra.
Quando ha letto l’intervista pubblicata Joao mi guarda e mi fa, e le hai dette tutte tu queste cazzate? Sei bravo, Antonio.
Per poco non gli do un pugno. Voglio bene a Joao o l’avrei già mandato a fare in culo. Non lo faccio per soldi, no. Se non gli rubassi qualcosa ogni tanto, con quello che mi paga a stento ci vivrei decentemente. Lo faccio per amore. Per amore suo e dell’arte. Gliel’ho detto una volta, parecchio tempo fa, eravamo ancora in Brasile. Le cose avevano iniziato a girare per il verso giusto e c’erano le prime mostre importanti, i premi, i soldi cominciavano ad arrivare anche da noi. Ero contento, avevo bevuto. Gli dico, Joao, sai perché mi sbatto tanto per te? Perché ti voglio bene, amico mio. E per amore della fotografia.
Quello stronzo si è messo a ridere e per poco non si strozza con la birra.
Ma ho continuato a lavorare per lui. Ho organizzato io il trasferimento a Madrid. Dall’Europa le sue foto girano in tutto il mondo invece di essere confinate solo all’America Latina. Lui si è trovato una donna e mai una volta che mi abbia detto, Antonio, Mariele mi ha parlato di un’amica, perché non vieni a conoscerla?
Joao pensa che io non possa fare a meno di lui e di poter vivere di fotografia senza di me. Si sbaglia di grosso, quel cazzone allampanato. Due giorni fa gli dico del premio. Una cosa enorme. Un premio di fotografia internazionale intitolato a Joao Pedrito da Silva. Il nome del premio è il mio capolavoro: Joao Pedrito – fotografia nova per il mondo. È semplice ma apre alla gente, è internazionale fin dal titolo e non è troppo istituzionale ma nemmeno ha quel gusto amatoriale che talvolta hanno i nomi dei premi, richiama al movimento della fotografia nova, che guarda caso ha il suo massimo esponente in Joao. Cazzo, è perfetto. E poi la cosa più importante: i soldi. In un premio rispettabile si vincono soldi e qui se ne vincono parecchi. Trovarli non è stato uno scherzo. Colin McCarthy non ha mai avuto un premio a suo nome. Ah, lavoro buttato!


Dico, Joao, ho una novità che ti piacerà. Mi brillavano gli occhi ma non volevo darlo a vedere. Lui era seduto in poltrona a fumare marijuana, Mariele in bagno a farsi una doccia. Si lavano a orari improbabili quei due. Erano le tre del pomeriggio ma ho evitato di farlo presente.
Vuoi fumare? mi chiede Joao. Io non fumo quasi mai marijuana, mi dà fastidio quella sensazione di rallentamento, i tempi morti tra una frase e l’altra. Però sono andato a prendermi una birra in cucina per fargli compagnia con qualcosa. Già che c’ero ho preso anche due pezzi di una tortilla avanzata e del pane, ché con la birra qualcosa sullo stomaco bisogna metterla.
Joao, ho messo su un premio a nome tuo. Senti il nome. Si chiamerà Joao Pedrito – fotografia nova per il mondo. È vago ma non troppo, funziona. Se tutto va come deve la prima edizione può partire il prossimo inverno.
Io Joao lo conosco da tutta la vita, non mi aspettavo ringraziamenti. Il grazie di Joao è cominciare a lavorare. Lo stronzo invece ha iniziato a toccarsi i coglioni. Mi vuoi far morire, Antonio? mi ha chiesto. I premi si intitolano ai morti, mica ai vivi. Che scherzo del cazzo è?
Si è offeso. Non ha voluto nemmeno parlarne. Niente di niente. Mi tocca disdire tutto. Il mio lavoro ormai è costruire e distruggere quello che ho fatto. Bella soddisfazione.
Ero avvilito e mi sono detto, perché no? Se il lavoro mi deve essere distrutto ogni volta da questo stronzo, io oggi me la prendo di festa. Me ne sono andato a bere senza nemmeno passare da casa. La giornata era piena di sole ma non calda e il centro di Madrid sembrava meno brutto del solito. In tutti i mesi passati qui non ho mai avuto il tempo di girarla, questa città.
Fuori dai giri dei turisti, i bar di pomeriggio sono frequentati da disoccupati, immigrati, qualche disadattato, gente sola. Mi sono sentito un coglione a pensare che erano soli come me. Mentre me lo dicevo un gruppo di africani ha fatto comunella, qualcosa deve averli fatti ridere, non so che lingua parlassero. Io e i disadattati li abbiamo guardati per qualche istante, poi abbiamo smesso perché nessuno capiva nulla di quel che dicevano.
Anch’io ero fotografo una volta, in Brasile. Ci siamo conosciuti così io e Joao. Fotografi di strada e di matrimoni. Lui aveva talento e io no, così mi sono messo al suo servizio. Abbiamo fatto un mucchio di soldi, nemmeno sa quanti. I soldi si fanno con il petrolio, con le automobili, non con le fotografie. Invece nel nostro piccolo ci viviamo bene. Ad amministrarla bene la fortuna può durarci tutta la vita. Ma i soldi non sono tutto nella vita di un uomo, pensavo, mentre bevevo da solo con gli altri uomini, ognuno al suo tavolino. Ci vuole l’amore e Joao non mi ama, cioè non mi ha mai considerato suo amico. Non mi vuole male, a modo suo mi vuole bene ma non sono degno della sua amicizia. Per questo tra di noi funziona così male e girano solo i soldi. Per questo glieli rubo. Ad un amico non ruberei.
A sera sono andato a casa. Dopo due giorni Joao mi ha chiamato preoccupato perché non mi facevo sentire. Gli ho detto che avevo da fare e che la storia del premio era ancora in piedi, nel caso fosse rinsavito e avesse deciso di emanciparsi dalle superstizioni. Credo si sia toccato i coglioni con la mano libera mentre eravamo al telefono. Il lavoro è ripreso come al solito.
Voglio farlo entrare nel cinema, come direttore della fotografia. Si lavora meno e si guadagna bene.

 

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